Figlio sexy vs figlio sano.
Intorno ai passati
anni ’70,quando la scelta femminile nella selezione sessuale divenne un dato sicuro,gli eco-evoluzionisti si divisero in due fazioni contrapposte con definizioni stravaganti:una è l'ipotesi del “figlio sexy” (formulata da Fisher negli anni ’20),l’altra è quella del “figlio sano”,cioè
possessore di buoni geni.
I Fisheriani sostengono che le pavonesse preferiscono i maschi belli e dalla grande coda (a
cui nessuna femmina può resistere) perché vogliono trasmettere ai figli una
bellezza ereditabile,di modo che in fututo,a loro volta,possano attrarre con
facilità le femmine. Secondo i sostenitori del ‘figlio sexy’ le femmine,soprattutto
nei lek [dalla
parola svedese che significa gioco,attività ricreativa e indica una forma di
corteggiamento in un territorio delimitato,dove un numero variabile di maschi
si esibisce sotto gli occhi attenti delle femmine],scelgono i maschi in
base alla vistosità dei colori,alla lunghezza delle penne,al virtuosismo del
canto o a qualsiasi altra cosa,perché la specie è governata dalla moda
arbitraria di preferire la bellezza,a cui nessuna femmina osa opporsi.A
sostegno dell’idea negli anni ’30 Fisher ipotizzò che le femmine ancestrali
potevano aver mostrato una leggera preferenza per un certo carattere
vistoso,forse perché li rendeva più riconoscibili permettendo di risparmiare del
tempo nella scelta.I figli così generati possederanno (tendendenzialmente) sia
il gene materno della preferenza per la coda lunga,sia quello paterno che
produce la coda lunga.I due caratteri dunque avrebbero rafforzato
contemporaneamente il processo evolutivo in una sorta di selezione ‘a cascata’
rapidissima (runaway selection)
Per i sostenitori dei
‘Buoni Geni’ (prole
sana) le pavonesse preferiscono i maschi belli perché la bellezza è indice di
buona qualità genetica (resistenza alle malattie,vigore,forza),qualità che le
femmine cercano di trasmettere ai figli.La coda o il canto,gli ornamenti e le perfette
esibizioni di un maschio informerebbero con esattezza le femmine su quanto siano
di ‘buona qualità’
i geni che lui possiede.
i geni che lui possiede.
Ai sostenitori del
‘figlio sexy’ è stato contestato un problema evoluzionistico, detto anche ‘paradosso del lek’.Infatti se in una
popolazione tutte le femmine scelgono i maschi con gli ornamenti più
sviluppati,in poche generazioni tutti i maschi saranno ugualmente attraenti.Ciò
pone un serio problema di esaurimento della variabilità genetica e porta al
paradosso che alla fine per una femmina sarà ugualmente proficuo in termini di
fitness per la prole accoppiarsi con uno qualsiasi degli ‘esibizionisti’.
AGGIUSTAMENTI
Un soccorso alla
teoria venne da uno studio di Pinker e
Bloom (1992),dove si suggerì che i geni responsabili della comparsa di
ornamenti elaborati sono soggetti a mutazioni casuali.Ogni cambiamento per
mutazione tenderà a rendere l’ornamento più piccolo,meno simmetrico o meno
vistoso e questo è sufficiente perché una femmina dedichi molto tempo alla
selezione del maschio più adornato,in quanto sceglie per i suoi figli un padre
con il minor numero di mutazioni deleteree.
Seppure in modo
differente dal modello del ‘figlio sexy’,anche per quello dei ‘buoni geni’ i Caratteri
Sessuali Secondari sono indicatori della qualità del maschio,e anche questo
modello nelle sue prime formulazioni non è estraneo al problema dell’esaurimento
della variabilità genetica,oltre che a quello della mancanza di indicazioni su
quale possa essere la relazione tra espressione dei caratteri secondari e
qualità del maschio e su che cosa mantiene l’onestà del segnale trasmesso dai Caratteri
Sessuali Secondari.
Nel partito dei ‘buoni
geni’ una prima soluzione a questi problemi è venuta dalla teoria dell’handicap
di Zahavi (1975), secondo cui gli
ornamenti sono costosi da produrre e solo i maschi di miglior qualità sono in
grado di affrontare questi costi. In questo scenario quindi i caratteri
sessuali secondari sarebbero indicativi della qualità genetica dell’individuo
che li porta, dato che, essendo particolarmente vistosi e ingombranti,
conferiscono un handicap agli individui che li portano, rendendoli più
facilmente esposti alla predazione o meno abili nel foraggiamento;ma proprio
per questa ragione per la la femmina sarebbero da preferire, in quanto quei
maschi,nonostante lo sviluppo di questo “handicap” sono riusciti a sopravvivere
sino alla riproduzione,dimostrando con questo ‘segnale onesto’ di essere più
forti e sani degli altri e con una fitness superiore;la femmina ambirebbe a
trasmettere queste qualità genetiche alla prole.
Sebbene alcuni studi
abbiano confermato questa ipotesi per alcune specie,non sembra applicarsi così
bene ad altre,e ciò apre il campo alla possibilità che altri meccanismi
intervengano nel mantenimento dell’onestà del segnale.Nel 1982, Hamilton e Zuk,ipotizzano che il
meccanismo fondamentale sia collegato, direttamente o indirettamente, al
sistema immunitario e propongono che i caratteri sessuali secondari siano
segnali dello stato di salute dell’individuo,che forniscono specifiche informazioni sulle
capacità di resistenza a parassiti e malattie. Questa ipotesi, oltre a mettere
in relazione i tratti fenotipici a una specifica qualità maschile, fornisce anche
una soluzione al problema del “paradosso del lek” dell’esaurirsi della variazione genetica (Kotihao
et al., 2001).Data infatti la maggiore rapidità di variazione mostrata dagli
agenti patogeni rispetto ai loro ospiti, questi ultimi (nel caso specifico i
maschi) sono sempre un passo indietro, per cui la variabilità genetica alla
base della resistenza a parassiti e malattie non è mai destinata ad esaurirsi.
Scegliere individui con caratteri secondari sviluppati e quindi più sani nella
stagione riproduttiva in corso, porterebbe alla femmina dei benefici indiretti,
fornendole informazioni su una caratteristica maschile ereditabile, il suo
sistema immunitario, di grande rilevanza per la sopravvivenza e, in generale,
il buon funzionamento dell’individuo.Tuttavia i geni di questi maschi, che si
sono diffusi nella popolazione grazie alla scelta femminile, non
necessariamente saranno i più idonei anche a fronteggiare le
infezioni/parassitosi future, portando quindi allo sviluppo di cicli
ospite/parassita e al mantenimento della variabilità genetica degli individui,
insieme ai caratteri sessuali secondari.Tra le conferme ricevute dall’ipotesi
di Hamilton & Zuk c’è uno studio sulla rondine Hirundo rustica. In questa
specie le femmine preferiscono i maschi con le timoniere più sviluppate
(Møller, 1988) e sono proprio questi i maschi che meglio resistono e
sopravvivono agli attacchi parassitari.Altri studi si sono poi rivolti alla
comprensione dei meccanismi fisiologici che legano l’espressione dei caratteri alla
condizione dell’individuo e al funzionamento del suo sistema immunitario.In
questo scenario solo i maschi che possiedono un sistema immunitario di buona
qualità sono in grado di affrontare i costi legati ad una elevata produzione di
testosterone per garantirsi caratteri sessuali secondari sviluppati.
Secondo la filosofia
dei ‘buoni geni’ o dei ‘geni sexy’ può apparire soprattutto che la femmina non
abbia altra possibilità che quella di scegliere il maschio che può esibire il
tratto che lei stessa ha contribuito a rendere più vistoso.Ma le cose non
stanno proprio così.
Studi in questa direzione stanno oggi rivelando la presenza
di automatismi neurobiologici ancora più complessi che, in un certo senso,portano
a estendere il senso e la portata dell’ipotesi ‘dei geni buoni’ e a fornire
necessarie integrazioni.
In una parte delle specie animali i maschi forniscono
benefici diretti alla femmina e alla prole,come cibo e riparo,e in questo caso
è comprensibile che le femmine preferiscano accoppiarsi con maschi che
danno la garanzia di fornire una maggiore quantità di queste risorse.Tuttavia
le femmine sono altrettanto esigenti nell’accoppiamento anche in quelle specie
in cui i maschi forniscono solo sperma e nessun altro beneficio.
Nei modelli teorici che cercano di spiegare l’evoluzione
della scelta del compagno in sistemi di accoppiamento non basati sulla
fornitura di risorse da parte del maschio,si formula l’ipotesi che le femmine siano
altrettanto selettive nella scelta dello
sperma per ottenere da esso un vantaggio genetico che assicuri maggiore fitness
alla prole.I sistemi di accoppiamento non basati sulla fornituta di risorse da
parte del maschio ma solo dello sperma,sono di solito caratterizzati da una
forte propensione femminile per maschi con tratti sessuali secondari molto
elaborati (come la grande coda del pavone),ma studi empirici dei benefici
genetici di questi sistemi suggeriscono che i benefici additivi possono
spiegare solo una piccola percentuale della fitness;un’altra fonte di
variazione genetica nella fitness,e potenziale beneficio nella scelta del
compagno,è costituita dagli effetti non additivi.
IL QUADRO SI COMPLICA
A tale proposito Neff & Pitcher
(2004),hanno proposto di utilizzare il termine ‘buoni geni’ solo per
indicare la Variazione genetica Additiva (VA) nella fitness,quello di ‘geni compatibili’ per riferirsi alla
variazione genetica non-additiva e infine quello di ‘qualità genetica’ per definire la somma dei due effetti.
Questo allargamento
di significati sembrò necessario per rendere conto di una grande varietà di sistemi di
accoppiamento in natura,da quelli in cui la natura seleziona e fa evolvere
sistemi per la scelta del compagno che pubblicizza la qualità e quantità delle
sue risorse,a quelli (forse la maggior parte) in cui le femmine,pur non
ricevendo alcuna risorsa dai maschi,esprimono ancora delle preferenze tra un maschio e l’altro.
I ricercatori hanno ipotizzato che anche in quest’ultimo caso le femmine scelgono i maschi che aumentano la qualità genetica dei figli,ma in tal caso,a differenza dei sistemi di accoppiamento ‘buoni geni’,la qualità genetica riflette le specifiche interazioni tra il genoma paterno e materno.
E’ sulla base di queste interazioni gene-gene,che è stata proposta l’ipotesi dei ‘geni compatibili’’(Trivers,1972;Zeh e Zeh,1996;Zeh e Zeh,1997) e dei loro effetti genetici non additivi.L’ipotesi suggerisce che le interazioni favorevoli tra i geni all’interno dell’individuo può portare all’aumento della sopravvivenza attraverso il vantaggio dell’eterozigosi (sovradominanza di fitness).
I ricercatori hanno ipotizzato che anche in quest’ultimo caso le femmine scelgono i maschi che aumentano la qualità genetica dei figli,ma in tal caso,a differenza dei sistemi di accoppiamento ‘buoni geni’,la qualità genetica riflette le specifiche interazioni tra il genoma paterno e materno.
E’ sulla base di queste interazioni gene-gene,che è stata proposta l’ipotesi dei ‘geni compatibili’’(Trivers,1972;Zeh e Zeh,1996;Zeh e Zeh,1997) e dei loro effetti genetici non additivi.L’ipotesi suggerisce che le interazioni favorevoli tra i geni all’interno dell’individuo può portare all’aumento della sopravvivenza attraverso il vantaggio dell’eterozigosi (sovradominanza di fitness).
La qualità genetica
basata sul contributo che una variante del gene (allele) o il genotipo (alleli)
portano alla fitness di un individuo può essere definta in questi termini:un
individuo è di elevata qualità genetica quando possiede un allele o un genotipo
che aumenta la sua fitness rispetto a quella di un individuo con un allele o
genotipo differente.
Così la qualità
genetica definita in base alla fitness di un individuo,deve esprimere due
componenti:gli effetti genetici addittivi (definiti ‘buoni geni’) e gli effetti
genetici non-additivi (definiti ‘geni compatibili’) ((Neff & Pitcher,2004).
In altri termini,un ‘buon gene’ è un allele che aumenta la
fitness indipendentemente dalla architettura del genoma residuo che, negli
organismi diploidi, include l'omologo al quel particolare 'buon allele'. In
tutto il genoma,i buoni geni mostreranno variazione genetica additiva e le popolazioni corrispondenti risponderanno
alla selezione direzionale.
Un ‘gene compatibile’ definisce invece un
allele che aumenta la fitness quando è in un genotipo specifico, cioè se
abbinato con un omologo specifico (sovradominanza) o un altro allele di un
altro locus genico (epistasi). In tutto il genoma, i geni compatibili
mostreranno Variazione genetica non
additiva. Così,quando la variazione nella fitness è causata da geni
compatibili, la popolazione non risponderà alla selezione direzionale, anche se
i meccanismi di acquisizione di geni compatibili (ad esempio alleli
privilegiati) risponderanno ancora alla selezione direzionale.
IL COMPAGNO?..LO VOGLIO SIMILE..MA NON TROPPO.
Gli studi sul Complesso maggiore di Istocompatibilità
(MHC) hanno fornito alcuni dei migliori esempi di ‘geni compatibili’ (Potts
& Wakeland 1990; Apanius et al 1997;. & Edwards Hedrick 1998; Tregenza
& Wedell 2000; Bernatchez & Landry 2003 )(Neff & Pitcher,2004).
Si trova in tutti
vertebrati ed è un cluster di geni collegati e in genere classificati come di classe I e classe II (negli esseri umani,MHC viene denominato HLA,antigene leucocitario umano).I
prodotti proteici di questi geni sono coinvolti nella regolazione della
risposta immunitaria.In molte popolazioni l’MHC è altamente polimorfico e la
maggior parte degli individui nei loci codificanti sono eterozigoti ,forse
perché gli individui eterozigoti sono in grado di presentare una più ampia
gamma di peptidi estranei alle cellule T (Klein & Figueroa,1986).
In queste popolazioni
qualsiasi omologo non-identico nella Classe I o nella Classe II può essere
considerato compatibile.
Ad esempio,Arkush et
al.(2002) ha utilizzato tecniche di fecondazione in vitro col Salmone Chinook
per produrre individui che variavano nella loro diversità in relazione al MHC.In
particolare,sono stati in grado di generare fratelli pieni (cioè che
condividevano entrambi i genitori) che erano o omozigoti o eterozigoti in un
set di geni di Classe II.I ricercatori hanno poi esposto le famiglie ad uno dei
più importanti patogeni virali che colpiscono questi pesci in Nord America (IHN
virus) e hanno scoperto che per sette di 10 famiglie la sopravvivenza era più
alta nei fratelli eterozigoti rispetto ai fratelli omozigoti.Risultati analoghi
si sono avuti in ceppi di topo MHC-congenici.In altri studi i topi hanno
evidenziato la capacità di evitare accoppiamenti tra consanguinei,al fine di
scegliere partner con MHC differente (Odwyer TW e Newitt GA,2009).Altri
esperimenti che dimostrano l’azione di meccanismi di selezione sessuale,sono
stati condotti sul salmone atlantico, Salmo salar;si è notato che individui
nati naturalmente venivano infettati meno dai parassiti rispetto a quelli nati
da incroci casuali effettuati in incubatrici (Consuegra S & De Leaniz
G,2008).
Nella specie umana gli
odori diffusi dal sudore,dall’urina,dalla saliva e l’attrazione facciale
giocano un ruolo cardinale nella scelta del compagno. Il termine inglese
“odortypes” indica odori propri e irripetibili di un individuo determinato dal
proprio pool genetico (S. Paterson, K. Wilson e al., 1999). Ad avvalorare
questa tesi, studi condotti su 197 adulti di un villaggio tra le Alpi
australiane hanno dimostrato che l’odore emanato da urina, sudore o saliva,
analizzato con tecnica Gc-ms (gas chromatography-mass spectrometry), è
personale proprio come la firma o l’impronta digitale (S.D. Crowley, S.B.
Gurley,et al,2007).Inoltre l’odore proveniente dalle due ascelle non è lo
stesso:l’intensità e la mascolinità è espressa maggiormente da quella del lato dell’arto
dominante. Nelle donne questo principio è valido solo se si trovano nel periodo
fertile del ciclo mestruale lontane da assunzione di contraccettivi ormonali
(F. Kuhn and A. Natsch,2009) Altre evidenze scientifiche hanno portato alla
conclusione che proprio queste ultime donne presentano un’attrazione sessuale
nei riguardi di individui con MHC-simile,mentre quelle in piena fertilità percepiscono con più
piacere l’odore di individui in cui si è dimostrata la presenza di MHC differente
(Wedekind C,1997).
Al contrario di ciò
che succede con gli odori,quando si tratta del disegno del volto sembra che le donne siano maggiormente attratte dal viso di uomini che presentano un MHC simile al proprio.Ulteriori analisi hanno rivelato che i volti
maschili hanno ricevuto punteggi più alti per l’attrazione se votati dalle
donne che erano MHC-simili che dalle donne che erano MHC-dissimili.Questa
divergenza tra stimoli visivi/uditivi e olfattivi è piuttosto soprendente,ma in
linea con altri studi che documentano le preferenze assortative positive negli esseri
umani per il fenotipo facciale (S.Craig Roberts ,A C Little et al,2005).
A quanto pare solo in
questo caso vengono preferiti geni simili a quelli propri, altrimenti tutti i
meccanismi portano a preferire differenti-MHC, ossia quelli che garantiscono un
polimorfismo più ampio a tutto vantaggio della fitness del sistema
immunitario dei discendenti.Il legame vigente tra l’MHC e le particelle
odoranti è dovuto alla vasta gamma di “recettori di odori” (OR) che sono
situati non soltanto nell’epitelio vomeronasale, ma anche nel tessuto
testicolare. Questi chemiorecettori sono connessi all’MHC poiché condividono
locus genici molto vicini tra loro sul braccio corto del cromosoma 6.
Craig & Little(2005) hanno suggerito una intrigante spiegazione per
l'apparente discrepanza tra le preferenze legate all’odore e quelle
visive,e cioè che le due modalità possano combinarsi per ottenere un livello
ottimale di outbreeding (Bateson 1978). Tratti visibili, come i volti,
potrebbero essere segnali a lungo raggio di relativa somiglianza,dopo aver
scartato individui con genotipi
estremamente diversi, mentre l'odore,in un secondo momento,dovrebbe filtrare
e non prendere in considerazione soggetti con genotipi troppo simili. Anche
se speculativa, questa idea è coerente con il corpo di molte altre prove,le
quali suggeriscono che un livello intermedio di eterozigosi è favorita forse perché
livelli troppo elevati ridurrebbero il repertorio dei linfociti T durante la
selezione timica (Nowak et al. 1992).
(segue)
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