22 ago 2016

Selezione sessuale 1

Figlio sexy vs figlio sano.

Intorno ai passati anni ’70,quando la scelta femminile nella selezione sessuale divenne un dato sicuro,gli eco-evoluzionisti si divisero in due fazioni contrapposte con definizioni stravaganti:una è l'ipotesi del “figlio sexy” (formulata da Fisher negli anni ’20),l’altra è quella del “figlio sano”,cioè possessore di buoni geni.
I Fisheriani sostengono che le pavonesse preferiscono i maschi belli e dalla grande coda (a cui nessuna femmina può resistere) perché vogliono trasmettere ai figli una bellezza ereditabile,di modo che in fututo,a loro volta,possano attrarre con facilità le femmine. Secondo i sostenitori del ‘figlio sexy’ le femmine,soprattutto nei lek [dalla parola svedese che significa gioco,attività ricreativa e indica una forma di corteggiamento in un territorio delimitato,dove un numero variabile di maschi si esibisce sotto gli occhi attenti delle femmine],scelgono i maschi in base alla vistosità dei colori,alla lunghezza delle penne,al virtuosismo del canto o a qualsiasi altra cosa,perché la specie è governata dalla moda arbitraria di preferire la bellezza,a cui nessuna femmina osa opporsi.A sostegno dell’idea negli anni ’30 Fisher ipotizzò che le femmine ancestrali potevano aver mostrato una leggera preferenza per un certo carattere vistoso,forse perché li rendeva più riconoscibili permettendo di risparmiare del tempo nella scelta.I figli così generati possederanno (tendendenzialmente) sia il gene materno della preferenza per la coda lunga,sia quello paterno che produce la coda lunga.I due caratteri dunque avrebbero rafforzato contemporaneamente il processo evolutivo in una sorta di selezione ‘a cascata’ rapidissima (runaway selection)
Per i sostenitori dei ‘Buoni Geni’ (prole sana) le pavonesse preferiscono i maschi belli perché la bellezza è indice di buona qualità genetica (resistenza alle malattie,vigore,forza),qualità che le femmine cercano di trasmettere ai figli.La coda o il canto,gli ornamenti e le perfette esibizioni di un maschio informerebbero con esattezza le femmine su quanto siano di ‘buona qualità’
i geni che lui possiede.
 Ai sostenitori del ‘figlio sexy’ è stato contestato un problema evoluzionistico, detto anche ‘paradosso del lek’.Infatti se in una popolazione tutte le femmine scelgono i maschi con gli ornamenti più sviluppati,in poche generazioni tutti i maschi saranno ugualmente attraenti.Ciò pone un serio problema di esaurimento della variabilità genetica e porta al paradosso che alla fine per una femmina sarà ugualmente proficuo in termini di fitness per la prole accoppiarsi con uno qualsiasi degli ‘esibizionisti’.

AGGIUSTAMENTI
Un soccorso alla teoria venne da uno studio di Pinker e Bloom (1992),dove si suggerì che i geni responsabili della comparsa di ornamenti elaborati sono soggetti a mutazioni casuali.Ogni cambiamento per mutazione tenderà a rendere l’ornamento più piccolo,meno simmetrico o meno vistoso e questo è sufficiente perché una femmina dedichi molto tempo alla selezione del maschio più adornato,in quanto sceglie per i suoi figli un padre con il minor numero di mutazioni deleteree.
Seppure in modo differente dal modello del ‘figlio sexy’,anche per quello dei ‘buoni geni’ i Caratteri Sessuali Secondari sono indicatori della qualità del maschio,e anche questo modello nelle sue prime formulazioni non è estraneo al problema dell’esaurimento della variabilità genetica,oltre che a quello della mancanza di indicazioni su quale possa essere la relazione tra espressione dei caratteri secondari e qualità del maschio e su che cosa mantiene l’onestà del segnale trasmesso dai Caratteri Sessuali Secondari.

Nel partito dei ‘buoni geni’ una prima soluzione a questi problemi è venuta dalla teoria dell’handicap di Zahavi (1975), secondo cui gli ornamenti sono costosi da produrre e solo i maschi di miglior qualità sono in grado di affrontare questi costi. In questo scenario quindi i caratteri sessuali secondari sarebbero indicativi della qualità genetica dell’individuo che li porta, dato che, essendo particolarmente vistosi e ingombranti, conferiscono un handicap agli individui che li portano, rendendoli più facilmente esposti alla predazione o meno abili nel foraggiamento;ma proprio per questa ragione per la la femmina sarebbero da preferire, in quanto quei maschi,nonostante lo sviluppo di questo “handicap” sono riusciti a sopravvivere sino alla riproduzione,dimostrando con questo ‘segnale onesto’ di essere più forti e sani degli altri e con una fitness superiore;la femmina ambirebbe a trasmettere queste qualità genetiche alla prole.
Sebbene alcuni studi abbiano confermato questa ipotesi per alcune specie,non sembra applicarsi così bene ad altre,e ciò apre il campo alla possibilità che altri meccanismi intervengano nel mantenimento dell’onestà del segnale.Nel 1982, Hamilton e Zuk,ipotizzano che il meccanismo fondamentale sia collegato, direttamente o indirettamente, al sistema immunitario e propongono che i caratteri sessuali secondari siano segnali dello stato di salute dell’individuo,che  forniscono specifiche informazioni sulle capacità di resistenza a parassiti e malattie. Questa ipotesi, oltre a mettere in relazione i tratti fenotipici a una specifica qualità maschile, fornisce anche una soluzione al problema del “paradosso del lek”  dell’esaurirsi della variazione genetica (Kotihao et al., 2001).Data infatti la maggiore rapidità di variazione mostrata dagli agenti patogeni rispetto ai loro ospiti, questi ultimi (nel caso specifico i maschi) sono sempre un passo indietro, per cui la variabilità genetica alla base della resistenza a parassiti e malattie non è mai destinata ad esaurirsi. Scegliere individui con caratteri secondari sviluppati e quindi più sani nella stagione riproduttiva in corso, porterebbe alla femmina dei benefici indiretti, fornendole informazioni su una caratteristica maschile ereditabile, il suo sistema immunitario, di grande rilevanza per la sopravvivenza e, in generale, il buon funzionamento dell’individuo.Tuttavia i geni di questi maschi, che si sono diffusi nella popolazione grazie alla scelta femminile, non necessariamente saranno i più idonei anche a fronteggiare le infezioni/parassitosi future, portando quindi allo sviluppo di cicli ospite/parassita e al mantenimento della variabilità genetica degli individui, insieme ai caratteri sessuali secondari.Tra le conferme ricevute dall’ipotesi di Hamilton & Zuk c’è uno studio sulla rondine Hirundo rustica. In questa specie le femmine preferiscono i maschi con le timoniere più sviluppate (Møller, 1988) e sono proprio questi i maschi che meglio resistono e sopravvivono agli attacchi parassitari.Altri studi si sono poi rivolti alla comprensione dei meccanismi fisiologici che legano l’espressione dei caratteri alla condizione dell’individuo e al funzionamento del suo sistema immunitario.In questo scenario solo i maschi che possiedono un sistema immunitario di buona qualità sono in grado di affrontare i costi legati ad una elevata produzione di testosterone per garantirsi caratteri sessuali secondari sviluppati.
Secondo la filosofia dei ‘buoni geni’ o dei ‘geni sexy’ può apparire soprattutto che la femmina non abbia altra possibilità che quella di scegliere il maschio che può esibire il tratto che lei stessa ha contribuito a rendere più vistoso.Ma le cose non stanno proprio così.
Studi in questa direzione stanno oggi rivelando la presenza di automatismi neurobiologici ancora più complessi che, in un certo senso,portano a estendere il senso e la portata dell’ipotesi ‘dei geni buoni’ e a fornire necessarie integrazioni.
In una parte delle specie animali i maschi forniscono benefici diretti alla femmina e alla prole,come cibo e riparo,e in questo caso è comprensibile che le femmine preferiscano accoppiarsi con maschi che danno la garanzia di fornire una maggiore quantità di queste risorse.Tuttavia le femmine sono altrettanto esigenti nell’accoppiamento anche in quelle specie in cui i maschi forniscono solo sperma e nessun altro beneficio.
Nei modelli teorici che cercano di spiegare l’evoluzione della scelta del compagno in sistemi di accoppiamento non basati sulla fornitura di risorse da parte del maschio,si formula l’ipotesi che le femmine siano  altrettanto selettive nella scelta dello sperma per ottenere da esso un vantaggio genetico che assicuri maggiore fitness alla prole.I sistemi di accoppiamento non basati sulla fornituta di risorse da parte del maschio ma solo dello sperma,sono di solito caratterizzati da una forte propensione femminile per maschi con tratti sessuali secondari molto elaborati (come la grande coda del pavone),ma studi empirici dei benefici genetici di questi sistemi suggeriscono che i benefici additivi possono spiegare solo una piccola percentuale della fitness;un’altra fonte di variazione genetica nella fitness,e potenziale beneficio nella scelta del compagno,è costituita dagli effetti non additivi.


IL QUADRO SI COMPLICA
A tale proposito Neff & Pitcher (2004),hanno proposto di utilizzare il termine buoni geni  solo per indicare la Variazione genetica Additiva (VA) nella fitness,quello di geni compatibili per riferirsi alla variazione genetica non-additiva e infine quello di ‘qualità genetica’ per definire la somma dei due effetti.
Questo allargamento di significati sembrò necessario per rendere conto di una grande varietà di sistemi di accoppiamento in natura,da quelli in cui la natura seleziona e fa evolvere sistemi per la scelta del compagno che pubblicizza la qualità e quantità delle sue risorse,a quelli (forse la maggior parte) in cui le femmine,pur non ricevendo alcuna risorsa dai maschi,esprimono ancora delle preferenze tra un maschio e l’altro.
I ricercatori hanno ipotizzato che anche in quest’ultimo caso le femmine scelgono i maschi che aumentano la qualità genetica dei figli,ma in tal caso,a differenza dei sistemi di accoppiamento ‘buoni geni’,la qualità genetica riflette le specifiche interazioni tra il genoma paterno e materno.
E’ sulla base di queste interazioni gene-gene,che è stata proposta l’ipotesi dei ‘geni compatibili’’(Trivers,1972;Zeh e Zeh,1996;Zeh e Zeh,1997) e dei loro effetti genetici non additivi.L’ipotesi suggerisce che le interazioni favorevoli tra i geni all’interno dell’individuo può portare all’aumento della sopravvivenza attraverso il vantaggio dell’eterozigosi (sovradominanza di fitness).
La qualità genetica basata sul contributo che una variante del gene (allele) o il genotipo (alleli) portano alla fitness di un individuo può essere definta in questi termini:un individuo è di elevata qualità genetica quando possiede un allele o un genotipo che aumenta la sua fitness rispetto a quella di un individuo con un allele o genotipo differente.
Così la qualità genetica definita in base alla fitness di un individuo,deve esprimere due componenti:gli effetti genetici addittivi (definiti ‘buoni geni’) e gli effetti genetici non-additivi (definiti ‘geni compatibili’) ((Neff & Pitcher,2004).
In altri termini,un ‘buon gene’ è un allele che aumenta la fitness indipendentemente dalla architettura del genoma residuo che, negli organismi diploidi, include l'omologo al quel particolare 'buon allele'. In tutto il genoma,i buoni geni mostreranno variazione genetica additiva e le popolazioni corrispondenti risponderanno alla selezione direzionale.
Un ‘gene compatibile’ definisce invece un allele che aumenta la fitness quando è in un genotipo specifico, cioè se abbinato con un omologo specifico (sovradominanza) o un altro allele di un altro locus genico (epistasi). In tutto il genoma, i geni compatibili mostreranno Variazione genetica non additiva. Così,quando la variazione nella fitness è causata da geni compatibili, la popolazione non risponderà alla selezione direzionale, anche se i meccanismi di acquisizione di geni compatibili (ad esempio alleli privilegiati) risponderanno ancora alla selezione direzionale.

IL COMPAGNO?..LO VOGLIO SIMILE..MA NON TROPPO.

Gli studi sul Complesso maggiore di Istocompatibilità (MHC) hanno fornito alcuni dei migliori esempi di ‘geni compatibili’ (Potts & Wakeland 1990; Apanius et al 1997;. & Edwards Hedrick 1998; Tregenza & Wedell 2000; Bernatchez & Landry 2003 )(Neff & Pitcher,2004).
Si trova in tutti vertebrati ed è un cluster di geni collegati e in genere classificati come di classe I e classe II (negli esseri umani,MHC viene denominato HLA,antigene leucocitario umano).I prodotti proteici di questi geni sono coinvolti nella regolazione della risposta immunitaria.In molte popolazioni l’MHC è altamente polimorfico e la maggior parte degli individui nei loci codificanti sono eterozigoti ,forse perché gli individui eterozigoti sono in grado di presentare una più ampia gamma di peptidi estranei alle cellule T (Klein & Figueroa,1986).
In queste popolazioni qualsiasi omologo non-identico nella Classe I o nella Classe II può essere considerato compatibile.
Ad esempio,Arkush et al.(2002) ha utilizzato tecniche di fecondazione in vitro col Salmone Chinook per produrre individui che variavano nella loro diversità in relazione al MHC.In particolare,sono stati in grado di generare fratelli pieni (cioè che condividevano entrambi i genitori) che erano o omozigoti o eterozigoti in un set di geni di Classe II.I ricercatori hanno poi esposto le famiglie ad uno dei più importanti patogeni virali che colpiscono questi pesci in Nord America (IHN virus) e hanno scoperto che per sette di 10 famiglie la sopravvivenza era più alta nei fratelli eterozigoti rispetto ai fratelli omozigoti.Risultati analoghi si sono avuti in ceppi di topo MHC-congenici.In altri studi i topi hanno evidenziato la capacità di evitare accoppiamenti tra consanguinei,al fine di scegliere partner con MHC differente (Odwyer TW e Newitt GA,2009).Altri esperimenti che dimostrano l’azione di meccanismi di selezione sessuale,sono stati condotti sul salmone atlantico, Salmo salar;si è notato che individui nati naturalmente venivano infettati meno dai parassiti rispetto a quelli nati da incroci casuali effettuati in incubatrici (Consuegra S & De Leaniz G,2008).
Nella specie umana gli odori diffusi dal sudore,dall’urina,dalla saliva e l’attrazione facciale giocano un ruolo cardinale nella scelta del compagno. Il termine inglese “odortypes” indica odori propri e irripetibili di un individuo determinato dal proprio pool genetico (S. Paterson, K. Wilson e al., 1999). Ad avvalorare questa tesi, studi condotti su 197 adulti di un villaggio tra le Alpi australiane hanno dimostrato che l’odore emanato da urina, sudore o saliva, analizzato con tecnica Gc-ms (gas chromatography-mass spectrometry), è personale proprio come la firma o l’impronta digitale (S.D. Crowley, S.B. Gurley,et al,2007).Inoltre l’odore proveniente dalle due ascelle non è lo stesso:l’intensità e la mascolinità è espressa maggiormente da quella del lato dell’arto dominante. Nelle donne questo principio è valido solo se si trovano nel periodo fertile del ciclo mestruale lontane da assunzione di contraccettivi ormonali (F. Kuhn and A. Natsch,2009) Altre evidenze scientifiche hanno portato alla conclusione che proprio queste ultime donne presentano un’attrazione sessuale nei riguardi di individui con MHC-simile,mentre  quelle in piena fertilità percepiscono con più piacere l’odore di individui in cui si è dimostrata la presenza di MHC differente (Wedekind C,1997).
Al contrario di ciò che succede con gli odori,quando si tratta del disegno del volto sembra che le donne siano maggiormente attratte dal viso di uomini che presentano un MHC simile al proprio.Ulteriori analisi hanno rivelato che i volti maschili hanno ricevuto punteggi più alti per l’attrazione se votati dalle donne che erano MHC-simili che dalle donne che erano MHC-dissimili.Questa divergenza tra stimoli visivi/uditivi e olfattivi è piuttosto soprendente,ma in linea con altri studi che documentano le preferenze assortative positive negli esseri umani per il fenotipo facciale (S.Craig Roberts ,A C Little et al,2005).
A quanto pare solo in questo caso vengono preferiti geni simili a quelli propri, altrimenti tutti i meccanismi portano a preferire differenti-MHC, ossia quelli che garantiscono un polimorfismo più ampio a tutto vantaggio della fitness del sistema immunitario dei discendenti.Il legame vigente tra l’MHC e le particelle odoranti è dovuto alla vasta gamma di “recettori di odori” (OR) che sono situati non soltanto nell’epitelio vomeronasale, ma anche nel tessuto testicolare. Questi chemiorecettori sono connessi all’MHC poiché condividono locus genici molto vicini tra loro sul braccio corto del cromosoma 6.
Craig & Little(2005) hanno suggerito una intrigante spiegazione per l'apparente discrepanza tra le preferenze legate all’odore e quelle visive,e cioè che le due modalità possano combinarsi per ottenere un livello ottimale di outbreeding (Bateson 1978). Tratti visibili, come i volti, potrebbero essere segnali a lungo raggio di relativa somiglianza,dopo aver scartato individui con genotipi  estremamente diversi, mentre l'odore,in un secondo momento,dovrebbe filtrare e non prendere in considerazione soggetti con genotipi troppo simili. Anche se speculativa, questa idea è coerente con il corpo di molte altre prove,le quali suggeriscono che un livello intermedio di eterozigosi è favorita forse perché livelli troppo elevati ridurrebbero il repertorio dei linfociti T durante la selezione timica (Nowak et al. 1992).

(segue)